Recensioni “Io dirò la verità” intervista a Giordano Bruno

25/09/2016

la stampa

articolo di sabato 12 febbraio 2012

“Io dirò la verità”
di Giacomo Galeazzi
VATICANISTA DE LA STAMPA

«Io dirò la verità». Così esordisce Giordano Bruno nel primo dei sette costituti, gli interrogatori cui il filosofo fu sottoposto nel corso del processo veneto. A raccontare la ricerca di verità del Nolano è il nuovo libro di Guido del Giudice, ‘Io dirò la verità. Intervista a Giordano Brunò (Di Renzo Editore, pp. 128, euro 12, prefazione di Angelo Tonelli). La storia si svolge nel dicembre del 1599 ed è ambientata nelle carceri del S. Uffizio Romano, in cui è rinchiuso Bruno. Vi è descritto l’incontro che egli ebbe effettivamente in cella con i due più eminenti rappresentanti del suo Ordine: il generale dei Domenicani, Ippolito Maria Beccaria, e il suo vicario, Paolo Isaresi, incaricati dal Collegio giudicante di tentare, per l’ultima volta, di indurre all’abiura l’eretico pertinace. I due religiosi hanno caratteri molto diversi: Beccaria severo e inflessibile, Isaresi più aperto e comprensivo. Comincia così un confronto che, tra momenti di duro scontro e altri più concilianti, affronta, giorno dopo giorno, i principali argomenti della Nolana filosofia, così attuale nella sua inattualità. «Approfondendo la biografia e il carattere dei due interlocutori del Nolano -spiega del Giudice- è venuta fuori un’affascinante pista di interpretazione. Indagando in profondità al convento di San Domenico Maggiore, a Napoli, dove è sepolto, è emersa l’importanza di Ippolito Beccaria. Un personaggio finora pressoché sconosciuto, che in queste pagine si rivela come il vero persecutore del Nolano. Non fu, dunque, Bellarmino l’implacabile carnefice di Giordano Bruno, ma un suo confratello».Nei vari capitoli la discussione si articola come una vera e propria intervista al Nolano sui principali aspetti della sua filosofia e delle sue scelte di vita. Si va dall’arte della memoria all’infinità dei mondi, all’eroico furore. Siamo nella fase cruciale della vicenda processuale di Bruno e si assiste, pagina dopo pagina, alla battagliera speranza del filosofo di poter ancora portare i suoi accusatori e il Papa sulle sue posizioni di libero pensatore, non di teologo. Arriva poi la presa d’atto della caduta di ogni illusione e la ferma decisione di affrontare il proprio destino, senza compromessi. Bruno capisce che non c’è più nulla da fare e conferma: Non vuole e non ha di che pentirsi. L’epilogo, uno dei più famosi e rappresentati della storia del pensiero, è quello della sentenza e della condanna. Ma stavolta si va oltre il rogo di Campo dè Fiori, continuando a raccontare il destino di Beccaria e Isaresi. Anche per loro l’evento segna la fine, perché i due teologi, segnati dal confronto con un uomo che ha insinuato nelle loro anime il tormento e la bellezza del dubbio, gli sopravvivono solo pochi mesi. Il libro sarà presentato alle ore 17 del 17 febbraio a Napoli, al Cinema Academy Astra, insieme ad un nuovo documentario di 45 minuti intitolato ‘Giordano Bruno e i Rosacroce.

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‘Io diro’ la verita’, intervista a Giordano Bruno

lunedì 13 febbraio 2012
”Io dirò la verità”. Così esordisce Giordano Bruno nel primo dei sette costituti, gli interrogatori cui il filosofo fu sottoposto nel corso del processo veneto. A raccontare la ricerca di verità del Nolano è il nuovo libro di Guido del Giudice, ‘Io dirò la verità. Intervista a Giordano Bruno’ (Di Renzo Editore, pp. 128, euro 12, prefazione di Angelo Tonelli).  
La storia si svolge nel dicembre del 1599 ed è ambientata nelle carceri del S. Uffizio Romano, in cui è rinchiuso Bruno. Vi è descritto l’incontro che egli ebbe effettivamente in cella con i due più eminenti rappresentanti del suo Ordine: il generale dei Domenicani, Ippolito Maria Beccaria, e il suo vicario, Paolo Isaresi, incaricati dal Collegio giudicante di tentare, per l’ultima volta, di indurre all’abiura l’eretico pertinace.
I due religiosi hanno caratteri molto diversi: Beccaria severo e inflessibile, Isaresi più aperto e comprensivo. Comincia così un confronto che, tra momenti di duro scontro e altri più concilianti, affronta, giorno dopo giorno, i principali argomenti della Nolana filosofia, così attuale nella sua inattualità. Come cittadino e domestico del mondo, il Nolano sa che la Storia procede a contrari. Come un pavimento a scacchi bianco e nero, alternandosi nel tempo periodi di tenebre a grandi squarci di luce. Siamo ombra, ma all’interno di quest’ombra siamo vivi e attivi. Cerchiamo la vita.
”Approfondendo la biografia e il carattere dei due interlocutori del Nolano -spiega del Giudice- è venuta fuori un’affascinante pista di interpretazione. Indagando in profondità al convento di San Domenico Maggiore, a Napoli, dove è sepolto, è emersa l’importanza di Ippolito Beccaria. Un personaggio finora pressoché sconosciuto, che in queste pagine si rivela come il vero persecutore del Nolano. Non fu, dunque, Bellarmino l’implacabile carnefice di Giordano Bruno, ma un suo confratello”.
Nei vari capitoli la discussione si articola come una vera e propria intervista al Nolano sui principali aspetti della sua filosofia e delle sue scelte di vita. Si va dall’arte della memoria all’infinita’ dei mondi, all’eroico furore. Siamo nella fase cruciale della vicenda processuale di Bruno e si assiste, pagina dopo pagina, alla battagliera speranza del filosofo di poter ancora portare i suoi accusatori e il Papa sulle sue posizioni di libero pensatore, non di teologo. Arriva poi la presa d’atto della caduta di ogni illusione e la ferma decisione di affrontare il proprio destino, senza compromessi. Bruno capisce che non c’è più nulla da fare e conferma: Non vuole e non ha di che pentirsi.
L’epilogo, uno dei più famosi e rappresentati della storia del pensiero, è quello della sentenza e della condanna. Ma stavolta si va oltre il rogo di Campo de’ Fiori, continuando a raccontare il destino di Beccaria e Isaresi. Anche per loro l’evento segna la fine, perché i due teologi, segnati dal confronto con un uomo che ha insinuato nelle loro anime il tormento e la bellezza del dubbio, gli sopravvivono solo pochi mesi.   Il libro sarà presentato alle ore 17 del 17 febbraio a Napoli, al Cinema Academy Astra, insieme ad un nuovo documentario di 45 minuti intitolato ‘Giordano Bruno e i Rosacroce’.

SALVATORE BALASCO


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articolo di domenica 14 febbraio 2012

“Un film su Giordano Bruno. Anteprima al cinema Astra”

Nel  412esimo anniversario, il lavoro interpretato da Lello Serao indaga i rapporti del filosofo nolano con i Rosacroce.
Il 17 febbraio 1600 Giordano Bruno veniva messo al rogo. Venerdì 17 febbraio 2012 alle 17 al cinema Astra  (via Mezzocannone 109), in occasione del 412 anniversario della morte del filosofo nolano, verrà presentato il documentario “Giordano Bruno e i Rosacroce”.
Il lavoro, che ha visto uniti nel nome del grande filosofo due studiosi italiani (Guido del Giudice e Biagio Milano), un attore affermato (Lello Serao), uno studioso olandese (J. K. Ritman) fondatore della bibliotheca philosophica Hermetica di Amsterdam specializzata nella raccolta di testi della tradizione cristiano-ermetica, ed un giovane regista (Francesco Afro de Falco) nasce da un progetto molto ambizioso: fare rivivere in chiave moderna il pensiero bruniano, delineandosi intorno alla figura del filosofo un documentario con tre livelli di percezione: intellettuale, emozionale e spirituale.
Il documentario, dal titolo “Giordano Bruno e i Rosacroce” (prodotto da Libera Scena Ensemble, cooperativa che ha tra i suoi fondatori Lello Serao e Renato Carpentieri ) è un viaggio ricco di suggestivi momenti evocativi. Un lavoro che vuole incuriosire e stimolare per facilitare, attraverso percorsi della mente e del cuore, la scoperta di un filosofo il cui pensiero era molto più avanti del suo tempo e che probabilmente solo oggi può essere realmente compreso. Per la prima volta, poi, vengono presentate valide prove sul contatto fra Giordano Bruno ed il nascente movimento dei Rosacroce.
Le recenti scoperte in Svizzera dello studioso Guido del Giudice dimostrano in maniera evidente il contatto fra Giordano Bruno ed il nascente ordine dei Rosacroce.  Nell’opera sono richiamati, fra gli altri, due dei principi fondamentali: la duplice natura dell’uomo e la legge del “Cuore”, insegnamenti della Rosacroce moderna. Nella cornice di Sepino, luogo magico e sospeso nel tempo, sono ambientate le scene della Sophia-Mnemosine, interpretata dall’attrice napoletana Roberta Astuti, mentre l’arte evocativa di uno dei più grandi interpreti bruniani, l’attore Lello Serao, ha il compito di fare rivivere il fascino e l’attualità delle idee e dello spirito del grande filosofo.
Insieme al documentario è stato poi realizzato un cortometraggio, “Eroico furore”, sempre per la regia di Francesco Afro De Falco, nel quale si riesce nell’impresa non facile di offrire, in un quarto d’ora, un suggestivo scorcio del complesso e magmatico universo bruniano.
Il lavoro riflette sul parallelismo tra il filosofo nolano  –  il cui intento è stato quello di volere riformare un potere ingiusto e capitalista e risvegliare le coscienze dei dotti uomini del tempo  –  e la figura ormai anziana di un inquisitore che, negli ultimi giorni di vita, rivive con la memoria il processo nel quale condannò il filosofo per le eresie commesse.
LA RICORRENZA
Nel nome di Giordano Bruno incontro alla libreria Treves
18 febbraio 2012

Un’altra iniziativa nel 412esimo anniversario della morte del filosofo nolano, dopo la proiezione all’Academy Astra del documentario “Giordano Bruno e i Rosacroce” Si continua a parlare di Giordano Bruno, nel 412simo l’anniversario della morte. Lunedì 20 febbraio alle  18.30 si svolgerà alla libreria Treves di piazza Plebiscito, una conferenza pubblica su “Giordano Bruno e i Rosacroce”. Lunedì saranno approfondite le tematiche che riguardano proprio i rapporti fra Giordano Bruno e l’allora nascente movimento esoterico dei Rosacroce, le similitudini e le assonanze fra gli scritti di Bruno e gli insegnamenti della Rosacroce, la modernità del pensiero bruniano e rosicruciano. All’appuntamento alla libreria Treves interverranno Francesco Afro de Falco, regista del documentario “Giordano Bruno e i Rosacroce”, presentato nei giorni scorsi all’Academy Astra ; Guido del Giudice, autore del libro su Giordano Bruno “Io dirò la verità”; lo studioso Biagio Milano; Salvatore Forte, co-sceneggiatore del documentario e studioso del pensiero rosicruciano.

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“Io dirò la verità, intervista a Giordano Bruno”

Articolo di “Erasmo”, rivista del Grande Oriente d’Italia (15 febbraio 2012)
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Il Roma online

19/02/2012

“Giordano Bruno, il pensatore errante”
Presentato all’Astra il libro di Guido del Giudice

Il 17 febbraio del 1600 moriva sul rogo di Campo de’ Fiori Giordano Bruno, definito da Artur Schopenhauer il più grande filosofo dopo Platone. In tutta Italia, questo mese, sono state numerose le iniziative volte alla commemorazione del pensatore nolano. Quella che si è svolta venerdì pomeriggio al cinema Astra non è stata la semplice celebrazione di un filosofo scomparso quattrocentododici anni fa, bensì la presentazione di un personaggio il cui pensiero, per quanto antico, è sempre più attuale, al passo con la scienza ed in particolare con le recenti scoperte della fisica quantistica. Lo storico cinema ha ospitato una conferenza pubblica dedicata soprattutto ai rapporti che il pensiero bruniano ebbe con il movimento esoterico dei Rosa Croce, attraverso la proiezione del documentario Giordano Bruno e i Rosa Croce, realizzato in collaborazione con la scuola di cinema di Napoli e la casa di distribuzione e proiezione cinematografica SCS Srl.
All’incontro sono intervenuti Lello Serao, Francesco Afro de Falco, rispettivamente attore e regista del documentario, e gli studiosi Biagio Milano e Guido del Giudice, medico e filosofo napoletano che negli ultimi anni si è imposto come uno dei massimi conoscitori della vita e dell’opera di Giordano Bruno. Secondo del Giudice, Bruno diede lezioni di terminologia aristotelica ad alcuni studiosi rosacrociani e paracelsiani. Uno degli aspetti fondamentali del pensiero dei seguaci di Paracelso è la dottrina del macrocosmo e del microcosmo ed è probabilmente intorno a questa dottrina che si focalizzò il contatto tra Giordano Bruno ed i Rosacrociani. Questo elemento a cui è approdata la ricerca dello studioso napoletano ha incontrato sul suo percorso il progetto di De Falco di realizzare il documentario.
Numerosi i libri che il dottor del Giudice ha dedicato a Giordano Bruno, l’ultimo dei quali, Io dirò la verità, è stato pubblicato di recente. Il testo filosofico riporta un interrogatorio al pensatore nolano, il quale esordisce con la frase «Io dirò la verità!», che del Giudice ha immaginato essere avvenuto nel corso del processo veneto.
Nel libro, Bruno risponde a quesiti fondamentali sulla sua filosofia, interrogato da due confratelli che furono inviati realmente nelle carceri dell’inquisizione di Tor di Nona, per convincerlo ad abiurare.
Gli inquisitori erano il maestro generale dell’ordine dei domenicani, a cui Bruno apparteneva, Ippolito Beccaria, la cui tomba è ancora nella Chiesa di San Domenico Maggiore, ed il suo virato Paolo Isaresi, dei quali Del Giudice narra la storia.
Ricostruendo la vita di questi due personaggi è emersa una notizia di grande importanza, ovvero che fu proprio Ippolito Beccaria, e non il Cardinale Bellarmino, il vero persecutore di Bruno. Da lui dipende l’inizio di quel processo che dopo otto anni lo avrebbe condotto sino al rogo di Campo de’ Fiori.
Nel corso dell’incontro, del Giudice ha ricordato l’inutilità di celebrare la scomparsa di Bruno per il quale, infatti, la morte non esisteva. Egli riteneva che il trapasso altro non fosse che la dispersione di scintille di energia vitale nell’universo, energia che pervade altra materia. L’obiettivo di Io dirò la verità è quello di fornire soprattutto ai giovani un’immagine inedita del filosofo nolano, il pensatore errante, che nel corso della sua carriera percorse circa diecimila chilometri, fino ad ora conosciuto solo come il martire del libero pensiero.
La prefazione del libro è a cura di Angelo Tonelli il quale scrive che «(Il lavoro di del Giudice) viene a porsi come una pietra miliare nella divulgazione non banalizzante del pensiero bruniano, così attuale nella sua inattualità».
L’obiettivo della filosofia bruniana è restituire dignità all’uomo. La scoperta di Copernico aveva sottratto alla Terra la sua centralità nell’universo. Bruno la restituisce all’uomo in quanto individuo, affinché ciascuno scopra di essere il centro del cosmo. Bruno diede nuovo impulso alle idee platoniche ed esortava a percepire l’universo interiore attraverso lo studio della magia, la disciplina che univa l’uomo al cosmo.
L’incontro si è concluso con l’esortazione a realizzare un monumento alla memoria di Giordano Bruno, al momento assente nella città di Napoli.
Flavia Palazzi
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informazione.it

Il Giordano Bruno di Del Giudice guarda ai lettori esteri

“Al vero filosofo ogni terreno è patria”.
Napoli, 22/06/2012 (informazione.it – comunicati stampa) Dopo il grande successo del suo ultimo libro “Io dirò la verità. Intervista a Giordano Bruno”, l’attenzione di Guido del Giudice, lo studioso e scrittore napoletano che ha contribuito in maniera determinante alla riscoperta e alla corretta interpretazione della vita e del pensiero del filosofo bruciato vivo dalla Chiesa cattolica, si focalizza ora sull’estero.
“Bruno – ricorda Del Giudice – era un grande divulgatore, Fu uno dei primi, nel corso di una memorabile lezione tenuta ad Oxford, a sostenere l’importanza delle traduzioni, indispensabili per la diffusione di tutte le scienze. L’ interesse e il rispetto suscitati dal Nolano in tutto il mondo sono testimoniati dalle migliaia di contatti registrati dal sito giordanobruno. com che curo personalmente da quindici anni. Dopo aver pubblicato con l’editore i Renzo ben otto libri tra studi e traduzioni, realizzato articoli, documentari e conferenze, penso che la vocazione universalistica del pensiero bruniano, mi imponga di concentrarmi sulla diffusione all’estero dei frutti del mio lavoro. E’ in fase di realizzazione la traduzione in spagnolo del mio ultimo libro e, nonostante non possa contare sul sostegno di alcun tipo di istituzione, attendo la disponibilità di editori in altri paesi”.
Come ha acutamente osservato Angelo Tonelli, l’opera di Guido del Giudice “viene a porsi come una pietra miliare nella divulgazione non banalizzante del pensiero bruniano, così attuale nella sua inattualità”. Ci auguriamo, nonostante il momento difficile, che qualcuno intuisca il valore del progetto e si faccia avanti : siamo sicuri che testi come “La coincidenza degli opposti” e “Io dirò la verità” abbiano le carte in regola per diventare successi editoriali in ogni parte del pianeta.

Giordano Bruno e il gioco delle illusioni.

 di Marco Bertelli 
Quando il “moralizzatore” e il “teologo” scendono nell’inferno delle carceri dove il Nolano, fisicamente ripiegato su se stesso, tesse incessantemente la sua (ahimè) illusoria tela da presentare al Papa come l’arazzo più Vero da esporre nei Palazzi Pontifici, non si accorgono della scritta che appare sopra lo stipite della porta della cella dove Bruno è rinchiuso: “lasciate ogni speranza, o voi ch’entrate!!!”. Ovviamente la scritta non può che essere virtuale, ma c’è da scommettere che Dante, avesse potuto vedere quei fatti, avrebbe istituito nella Divina Commedia un nuovo girone del suo inferno, quello dei “poveri illusi”. Paradossalmente tutti i protagonisti della vicenda, mirabilmente raccontata in questo libro, incorrono nell’illusione, ma solo uno dei tre (indovinate chi…) ne è perfettamente cosciente. Giordano Bruno sa di essere caduto da tempo nell’illusione, che egli stesso aveva fatto nascere, di poter dare il via ad un Risveglio di una Chiesa incapace di trascendere la propria dissolutezza morale e incapace di evolvere dal punto di vista culturale, preda unicamente della sete di potere. Diversamente da lui, Beccaria e Isaresi sono costantemente in balìa di un’illusione, dalla quale non sanno liberarsi, quasi fosse un rogo al quale si sono essi stessi condannati: l’illusione di condurre alla “ragione”, e quindi all’abiura, colui il quale non ha nulla da abiurare. Il punto centrale della vicenda, forse, è tutto qua. Nel “gioco delle illusioni” che i protagonisti inscenano, ciascuno su diversi piani di coscienza, i ruoli si confondono come in uno spettacolare ologramma. I due rappresentanti del Sacro Collegio pretendono di esercitare il ruolo di giudici che il Sant’Uffizio ha loro delegato e con vane minacce più o meno velate, tentano di impossessarsi della paura umana di qualcuno che tende ad essere “sovrumano” e che le paure, a loro dispetto, le ha da tempo trascese. L’Eretico “impenitente e pertinace”, invece, ribalta la situazione, negando l’autorità , e quindi l’implicita capacità di giudicare, che i crocifissi pendenti dalle vesti domenicane, conferiscono ai due (ormai  ex) confratelli. Giordano Bruno è padrone della propria illusione, mentre Beccaria ed Isaresi, pur se a livelli diversi, sono schiavi di un’illusione costruita da altri. Questo è il perno attorno al quale gira tutta l’intelaiatura dei dialoghi e dei diverbi, che rende questa narrazione molto più avvincente di quanto non possa sembrare una storia dall’esito risaputo, quale quella che vede un “martire” (come ancora incautamente molti osano definire il Nolano) condannato ad un ingiusto rogo. La sublimazione di tutto ciò la troviamo al capitolo 6, dove Bruno rivela ad Isaresi quell’incubo ricorrente, nel quale pur con la mente “in piena”  come un fiume colmo di idee da rivelare al mondo, non riesce ad emettere dalla sua bocca la voce che ne permetterebbe la diffusione. Egli sa, sente che presto gli verrà impedito di comunicare, anche nella forma più naturale, il sapere che tiene in serbo. Vede in che direzione la sua personale vicissitudine si sta incamminando, eppure, nonostante la frustrazione e lo sgomento che il ricorrere di questo sogno paventano, egli non ne resta irretito, ma continua a dominare il duello intellettuale che lo vede contrapposto ai due suoi futuri carnefici. Lo fa in maniera naturale, come solo può fare colui che conosce l’arte di dominare il sogno, rendendolo reale a suo piacimento, senza restarne, nel suo intimo, coinvolto. Capacità di scegliere tra realtà e sogno, caratteristica peculiare di pochi “iniziati”, di coloro i quali hanno la capacità di “risvegliare gli animi dormienti”. E’ qui che dobbiamo, a mio avviso, cercare la vera essenza di Bruno. Nell’Eroico Furore che lo porta a trascendere, ad andare oltre l’illusione, non nell’”eroico furore” che lo porta ad un martirio utile solo a chi vuole soffocare la Filosofia del Nolano, racchiudendola e limitandola in un disperato atto di coraggio e di forza eroica fini a se stessi. “Io dirò la verità” è un racconto che è in grado di portare il lettore nella direzione giusta per capire che cosa significa veramente  essere un “risvegliatore di animi dormienti”. Giordano Bruno è proprio questo.

Un fuoco, un uomo nuovo sulla Terra.

di Francesco Bellanti
“Io dirò la verità. Intervista a Giordano Bruno”. Il nuovo libro di Guido del Giudice. 
Il nuovo saggio di Guido del Giudice “Io dirò la verità. Intervista a Giordano Bruno” (pp. 128, euro 12, Di Renzo Editore), anche a un non specialista dell’opera Giordano Bruno come me, che tuttavia ha letto almeno una mezza dozzina di libri sul grande filosofo di Nola, appare sin dalle prime pagine  un libro agile, un saggio chiaro ed esaustivo sul grande filosofo degli infiniti mondi. Un libro che si legge d’un fiato, che riempie dei vuoti ma suscita anche nuova brama di conoscenza, di approfondimento dell’opera di una delle menti più grandi dell’umanità. Come solo i bei libri sanno fare.
Di che cosa parla il libro? Il libro è composto da interviste immaginarie che mettono in rilievo il pensiero di un uomo consapevole della sua modernità. Si parla in questo libro di magia, di scienza, di filosofia, di poesia, di tolleranza, di eresia, della Chiesa e degli infiniti mondi, e di molti altri aspetti significativi del pensiero di Bruno.
Il libro di Del Giudice è incentrato sugli incontri che effettivamente avvennero nel dicembre del 1599 nelle carceri del S. Uffizio Romano tra il grande filosofo nolano e i due inquisitori domenicani, Ippolito Maria Beccaria, generale dei Domenicani, e Paolo Isaresi, suo vicario, incaricati dal Collegio giudicante di tentare, per l’ultima volta, di indurre all’abiura l’eretico pertinace. Vi emerge la figura di questo Beccaria, che nella storia di questo famoso processo non era sembrato così importante. Si discutono tutti i più importanti punti della filosofia di Bruno, che è in realtà il vero titano della vicenda.  Anche se io credo che Bruno non fosse così sicuro in questi ultimi giorni del suo processo. Nei vari capitoli, la discussione si articola come una vera e propria intervista al Nolano sui principali aspetti della sua filosofia e delle sue scelte di vita. Si va dall’arte della memoria all’infinità dei mondi, dai dogmi cristiani agli eroici furori.
La mente dei due teologi inquisitori, come anche quella più poderosa di Roberto Bellarmino che è dietro di loro, di fronte a questo universo popolato di infiniti mondi creato dal sogno di Bruno, era smarrita. Per loro l’universo doveva restare un carcere. Quasi sicuramente, come Bellarmino, i due inquisitori avevano percepito che Bruno, con la sua visione dell’infinito aperta ad una pluralità di mondi, aveva aperto un’epoca nuova per lo sviluppo del pensiero moderno. Vivevano nella certezza della fede ma anche nel terrore del tempo nuovo che si apriva.  Lo stesso Bellarmino confidò in seguito a Galilei che, se le sue osservazioni sperimentali a sostegno della visione eliocentrica si fossero rivelate scientificamente certe, si sarebbero dovute rivedere le Scritture. Quello che, infatti, dopo è avvenuto.
I due inquisitori, Beccaria e Isaresi, erano in balìa di un’illusione, l’immane compito di condurre all’abiura un intellettuale di prestigio che avrebbe portato nuova gloria alla Chiesa. Credo che fossero consapevoli di essere destinati al fallimento, e di essere amareggiati per questo, perché la Chiesa non voleva il martirio del Nolano, sapeva che aveva tutto da perdere con questo nuovo grande martire. Anche Bruno ormai aveva tutto da perdere ad abiurare, egli non poteva più abiurare in quanto il suo pensiero non aveva più nulla di cristiano. Le sue posizioni filosofiche e teologiche erano ormai incompatibili col pensiero cristiano. In quei momenti, Bruno quasi sicuramente è consapevole di andare incontro al rogo e al silenzio, ma probabilmente è anche consapevole che la storia gli darà ragione per sempre. Per questo motivo, e questo lo si evince anche nei dialoghi di Del Giudice, nonostante l’angoscia della morte prossima, egli emerge intellettualmente come un titano davanti ai suoi carnefici. Certo, Bruno voleva apparire come un libero pensatore non come un teologo, ma le leggi in materia allora erano chiare e lui le conosceva. E occorre anche dire che la Chiesa, in base alle leggi di allora, assicurò a Bruno un processo regolare. Nemmeno questo era una cosa facile, perché la storia non aveva incontrato un uomo come Giordano Bruno.
Ma chi era Giordano Bruno? A mio modo di vedere, Giordano Bruno forse fu essenzialmente un poeta, più che un filosofo, perché solo i poeti autentici sono capaci di intuizioni rivoluzionarie come quelle di Bruno in ambiti così diversi oggi come l’astronomia, la matematica, la filosofia, la religione, la libertà di pensiero. Bruno  – tra magia e arte della memoria, tra nuove concezioni astronomiche,  e nuove e più moderne visioni della natura e della religiosità – è l’uomo che chiude un tempo e ne apre un altro, e di questo bisogna tenere conto anche per capire le sue contraddizioni. Il risvegliatore degli animi dormienti era un libero pensatore insofferente a qualsiasi potere, una mente brillante, sostanzialmente un anarchico, nemico di ogni legge e di ogni dogma, un intellettuale europeo come pochi lo sono stati fra gli Italiani. Era un eretico, sì, ma un eretico che non meritava il rogo, che ha vinto la sua battaglia contro un titano della Chiesa come Roberto Bellarmino. Roberto Bellarmino, il futuro Santo e Dottore della Chiesa, che non era solo un gesuita, un cardinale, era anche un grande teologo, uno scrittore, uno degli uomini più colti e intelligenti della Chiesa di quel tempo.
Bruno ha potuto vincere la sua battaglia contro Bellarmino e la Chiesa di allora perché era un moderno. Moderno perché era un uomo che non voleva far progredire la scienza o la filosofia ma l’uomo, moderno perché aveva compreso il dramma dell’uomo, l’impossibilità di perseguire la pace e la felicità solo attraverso il progresso tecnico e scientifico. La scienza, sostiene Bruno, anche se porta tanti vantaggi, se non serve all’uomo per comprendere se stesso, finirà per rigirarsi contro l’uomo. Giordano Bruno è l’uomo, l’uomo moderno, l’uomo nuovo, l’uomo tormentato, geniale, che annuncia e anticipa i tempi, e per fare questo fatica a liberarsi dell’antico. Egli ha capito ciò che serve per comprendere l’universo e giungere alla verità. Dio, la natura, l’uomo: sembra Hölderlin. Un pensiero romantico, bello, moderno. Il Buddismo. L’Induismo. Forse è panteismo. È comunque un’eresia, non è più Cristianesimo.
Bruno è moderno perché il suo pensiero è rivoluzionario ma non sempre coerente. È  un uomo che ha i piedi nel Rinascimento e nel Medioevo e la mente già nel Settecento. Una mente sterminata, profonda, impressionante, una delle più straordinarie presenze nella cultura europea di quel tempo e di oggi. Il ribelle, il rivoluzionario, il mistico. L’intellettuale immenso, il poeta e il filosofo, lo scrittore facondo. Egli stesso si definiva stupore del genere umano. È moderno anche perché il suo pensiero non è sempre coerente, ha molti punti oscuri, zone d’ombra. Non si può sostenere in nome della ragione l’assurdità della fede e poi praticare la magia e l’arte della memoria. Anche se quella che allora si chiamava magia faceva parte della vita e della conoscenza. La Chiesa si avviava a imparare la lingua degli uomini per potere parlare la lingua di Dio. Forse, in quel momento, come adesso,  il Cattolicesimo non era nemico della libertà, forse il Cattolicesimo voleva che la libertà fosse ancorata alla verità. Anche se, questo Bruno sosteneva,  nulla si deve frapporre fra l’uomo e la conoscenza, perché solo così si conquista la verità. E la libertà. Bisogna ricercare la conoscenza al di là di ogni logica di mercato. Si deve studiare per capire il mondo, non per accumulare ricchezza e potere. La vita non va separata dalla filosofia, non ci deve essere scissione tra sapere e vita.
Bruno è l’uomo nuovo, l’uomo moderno che cerca la conoscenza, il senso dell’essere, la vita. è un uomo il cui pensiero è molto più avanti del suo tempo e del suo spazio, e trova punti fecondi di contatto col pensiero induista e buddista, come per esempio la sua credenza nella metempsicosi o l’idea che la morte altro non sia se non la dispersione di scintille di energia vitale nell’universo, energia che pervade e crea altra materia.
Io non credo che Bruno avesse come obiettivo la rifondazione di una Chiesa corrotta e dissoluta sul piano morale, incapace di qualsiasi progresso teologico o culturale. Le sue idee ormai erano troppo al di fuori dei dogmi della Chiesa, per esempio il suo rifiuto della transustanziazione e della Trinità, di un Dio personale. Bruno restituisce la Terra all’uomo, anzi l’universo, e fa dell’uomo il centro della storia. Giordano Bruno fu un grande filosofo, un matematico, un teologo, ma fu soprattutto un uomo moderno, un poeta, perché solo la potenza di un sogno poteva comprendere la realtà dell’universo infinito, di mondi infiniti, di un Dio che pervade tutte le cose dell’universo.
Del Giudice, lo studioso napoletano che ha dato – con molti libri e un’attività eroica – un contributo decisivo per la riscoperta e la corretta interpretazione della vita e del pensiero del filosofo di Nola bruciato vivo dalla Chiesa cattolica in Campo de’ Fiori a Roma il 17 febbraio del 1600, non è solo divulgatore dell’opera del Nolano. E’ un’esegeta, un acuto e intelligente interprete che sa penetrare nelle pieghe più riposte del pensiero, anzi negli infiniti mondi di un grande intellettuale, di un uomo che voleva risvegliare l’umanità dormiente coi suoi eroici furori. Lo fa in questo libro con una scrittura chiara e precisa, che nelle domande e soprattutto nelle risposte di Bruno è anche rigorosa perché filosofica; una scrittura poetica, in quanto si interna nell’anima di un pensiero complesso e affascinante, e ne riproduce il pathos, l’afflato, la tensione lirica di uno dei pensatori più inquietanti dell’umanità.

Recensione di Biagio Milano

La cosa più semplice di questo mondo è scrivere qualcosa per commentare l’ultima fatica. Ma quale fatica, l’ultimo gesto d’amore di Guido del Giudice nei confronti di Giordano Bruno. L’inizio può sconcertare, visto l’ampio spazio dedicato al Beccaria e all’Isaresi. Personaggi saltati fuori dal cilindro della sua certosina ricerca e soprattutto da quella intuizione, indispensabili per un lavoro simbiotico. Proseguendo nella lettura si comprende perfettamente il perché di quello spazio.
Ma veniamo al dunque. L’unico motivo per non divorarlo in un paio d’ore è che bisogna dare alla macchina umana il tempo per digerire gli straordinari e profondi concetti del Filosofo nolano. Il testo oserei definirlo di taglio giornalistico, come d’altronde dev’essere, visto l’intento del libro: un’intervista. Esso è velocissimo, semplicissimo, godibilissimo. Ma soprattutto utile per chi voglia sapere veramente quali sono gli argomenti per i quali il Bruno ha deciso di impegnare la propria esistenza fino a sacrificarla. L’autore del libro sembra aver mandato a memoria il dettame schopenhaueriano secondo il quale la semplicità è l’arma usata da chi ha veramente qualcosa da dire. Forse taluni “pedanti” che per anni hanno disquisito su “rave e fave “ potrebbero imparare qualcosa!
Grazie Guido

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