Recensioni “La disputa di Cambrai”

23/09/2016

adnkronos

LIBRI: ‘LA DISPUTA DI CAMBRAI’, GIORDANO BRUNO CONTRO L’ABITUDINE A CREDERE

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Roma, 27 apr. – (Adnkronos) – ”Mi sono messo ancora una volta sulle orme del Nolano e ho scoperto altri sentieri di umanita’ intrecciata alla sua inquieta filosofia”. Cosi’ il medico e filosofo napoletano Guido del Giudice parla all’ADNKRONOS del suo nuovo libro ‘Giordano Bruno. La Disputa di Cambrai, Camoeracensis Acrotismus’ (Di Renzo Editore, Roma, pp. 208, euro 12,50). L’Acrotismus, un neologismo bruniano che si riferisce alla summa della critica anti-aristotelica del Nolano, viene qui presentato nella sua prima traduzione integrale. Pubblicato a Wittenberg nel 1587, l’opera costituisce la riproposizione ampliata delle tesi discusse dal filosofo a Parigi due anni prima, nel corso di una tumultuosa disputa accademica tenutasi presso il College de Cambrai. In queste pagine, a lungo inspiegabilmente sottovalutate dalla critica, Bruno riprende nella lingua dei dotti i temi principali delle opere londinesi ‘Cena’, ‘De l’infinito’ e ‘De la causa’, anticipando molti degli argomenti che torneranno, rielaborati con la consueta tecnica a strati successivi, nei tre poemi francofortesi.
Filo conduttore dell’Acrotismus e’ la critica spietata e radicale dell’abitudine a credere, di matrice peripatetica, su cui si innesta una categorica rivendicazione della ‘libertas philosophandi’. Nel saggio introduttivo, ripercorrendo un itinerario che va da Tolosa a Praga passando per Parigi e Wittenberg, del Giudice racconta cosi’ la storia viva e coinvolgente di un libro che Bruno considero’ una sorta di manifesto del proprio pensiero e che ancora oggi ci riserva affascinanti sorprese. Il filosofo degli ‘Eroici Furori’, il ribelle ex frate domenicano, non riusciva a comprendere come, in nome di settarismi ideologici o religiosi, si potesse negare il diritto di esprimere le proprie opinioni filosofiche. Il rogo cui fu destinato dall’Inquisizione il 17 febbraio del 1600 fu la sua condanna e la sua consacrazione e ancora oggi ne e’ il sostegno e il tormento insieme.
La sua tragica vicenda umana, infatti, se da un lato ne ha tenuto desto il ricordo, nonostante la persecuzione di cattolici ed accademici, dall’altro ha alimentato quei falsi miti del ‘mago’ e del ‘martire’, che continuano ad ostacolare la corretta interpretazione di un pensiero quanto mai vivo ed attuale. In questo brillante testo lo vediamo lasciare la scena al brillante e fedele allievo Jean Hennequin: lui segue il dialogo vicino alla finestra o seduto su una piccola cattedra, pronto -come fara’- a intervenire per difendere i suoi centoventi articvoli ”sulla natura e sull’universo cointro i Peripetateci, da mercoledi’ a sabato. Ogni giorno dal mattino alla sera”, era affiso nel quartiere dell’Accademia, sede della sfida nella quale ”aveva lavato il capo al povero Aristotele”. Infatti la critica allo stagirita e’ decisa: ”Il finito di Aristotele e’ ignoto, falso e impossbile. L’infinito di molti filosofi e’ noto, vero e necessario”. E per bocca di Hennequin afferma: ”Il numero di tutti gli stolti non eguagliera’ mai il prezzo e il valore di un solo savio”.

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Libri: ‘La Disputa di Cambrai’, Giordano Bruno contro l’abitudine a credere
domenica 27 aprile 2008
Saggio di Guido del Giudice.  Sulla prima pagina dell’esemplare praghese un possibile e inedito autografo bruniano.
di GERARDO PICARDO
“Mi sono messo ancora una volta sulle orme del Nolano e ho scoperto altri sentieri di umanità intrecciata alla sua inquieta filosofia”. Così il medico e filosofo napoletano Guido del Giudice parla del suo nuovo libro Giordano Bruno. La Disputa di Cambrai, Camoeracensis Acrotismus (Di Renzo Editore, Roma, pp. 208,  € 12,50). L’Acrotismus, un neologismo bruniano che si riferisce alla summa della critica anti-aristotelica del Nolano, viene qui presentato nella sua prima traduzione integrale. Pubblicato a Wittenberg nel 1587, l’opera costituisce la riproposizione ampliata delle tesi discusse dal filosofo a Parigi due anni prima, nel corso di una tumultuosa disputa accademica tenutasi presso il College de Cambrai.
In queste pagine, a lungo inspiegabilmente sottovalutate dalla critica, Bruno riprende nella lingua dei dotti i temi principali delle opere londinesi ‘Cena’, ‘De l’infinito’ e ‘De la causa’, anticipando molti degli argomenti che torneranno, rielaborati con la consueta tecnica a strati successivi, nei tre poemi francofortesi.
Filo conduttore dell’Acrotismus è la critica spietata e radicale dell’abitudine a credere, di matrice peripatetica, su cui si innesta una categorica rivendicazione della ‘libertas philosophandi’. Nel saggio introduttivo, ripercorrendo un itinerario che va da Tolosa a Praga passando per Parigi e Wittenberg, del Giudice racconta cosi’ la storia viva e coinvolgente di un libro che Bruno considero’ una sorta di manifesto del proprio pensiero e che ancora oggi ci riserva affascinanti sorprese.
Il filosofo degli ‘Eroici Furori’, il ribelle ex frate domenicano, non riusciva a comprendere come, in nome di settarismi ideologici o religiosi, si potesse negare il diritto di esprimere le proprie opinioni filosofiche. Il rogo cui fu destinato dall’Inquisizione il 17 febbraio del 1600 fu la sua condanna e la sua consacrazione e ancora oggi ne è il sostegno e il tormento insieme.
La sua tragica vicenda umana, infatti, se da un lato ne ha tenuto desto il ricordo, nonostante la persecuzione di cattolici ed accademici, dall’altro ha alimentato quei falsi miti del ‘mago’ e del ‘martirè, che continuano ad ostacolare la corretta interpretazione di un pensiero quanto mai vivo ed attuale. In questo brillante testo lo vediamo lasciare la scena al brillante e fedele allievo Jean Hennequin: lui segue il dialogo vicino alla finestra o seduto su una piccola cattedra, pronto – come farà – a intervenire per difendere i suoi centoventi articvoli ‘’sulla natura e sull’universo cointro i Peripetateci, da mercoledi’ a sabato.
Ogni giorno dal mattino alla sera”, era affiso nel quartiere dell’Accademia, sede della sfida nella quale ‘’aveva lavato il capo al povero Aristotele’. Infatti la critica allo stagirita è decisa: ‘’Il finito di Aristotele è ignoto, falso e impossbile. L’infinito di molti filosofi è noto, vero e necessario”. E per bocca di Hennequin afferma: ‘’Il numero di tutti gli stolti non eguagliera’ mai il prezzo e il valore di un solo savio”.
Spiegando quindi come nasce l’idea di questo ulteriore contributo sul Nolano, del Giudice -che nel 1998 ha creato il sito internet www.giordanobruno.info, diventato ormai un punto di riferimento per appassionati e studiosi di tutto il mondo- rimarca: ‘’Il mio viaggio sulla rotta della ‘peregrinatio’ europea di Giordano Bruno, dopo le esperienze tedesche di Wittenberg ed Helmstedt, che accompagnarono la traduzione delle due Orazioni, è proseguito alla volta di Praga.
Nella ‘citta’ magica’ ho avuto il privilegio di visionare la copia originale del ‘Camoeracensis Acrotismus’, conservata nella biblioteca del Klementinum, che Bruno invio’ in dono all’astronomo danese Tycho Brahe, con una dedica altisonante dalla quale traspare quanto egli fosse orgoglioso di quest’opera”.
‘’Mi è sembrato un vero peccato – insiste l’esperto, già autore di altri contributi sulla Nolana filosofia tra i quali ricordiamo ‘La coincidenza degli opposti. Giordano Bruno tra Oriente e Occidentè – non disporre ancora della traduzione di un testo cosi’ interessante, per cui ho concepito l’ambizioso progetto di associare alla ricostruzione di un altro periodo importante e finora oscuro della vita del filosofo, la prima traduzione italiana dell’Acrotismus”.
Ma quali sono i punti forza di questo saggio? ‘’Il segreto di quest’opera – mette in chiaro l’esperto bruniano – il motivo per cui affascina e convince allo stesso tempo è che ragione e sentimento vi si fondono, in un testo che passa dal tono appassionato dell’Excubitor al rigore scientifico delle rationes. Ho cercato di riprodurre questo stesso contrasto anche nella mia introduzione, bilanciando l’esposizione dottrinale con una narrazione il piu’ possibile coinvolgente e dinamica”.
Col suo consueto approccio ‘on the road’, lavorando cioè direttamente sui luoghi, ‘’mi sono sforzato – aggiunge Del Giudice – di ricostruire con la massima attendibilita’ gli scenari e le atmosfere, di approfondire la personalita’ dei personaggi, nel tentativo di far luce su avvenimenti controversi e ancora in parte misteriosi, quali la disputa del College de Cambrai e il breve soggiorno praghese, che influenzarono in modo decisivo la successiva evoluzione della Nolana filosofia. La fortuna mi ha poi dato una mano consentendomi di individuare sulla prima pagina dell’esemplare praghese un possibile, inedito, autografo bruniano, che arricchisce questo libro di un ulteriore motivo di interesse’.
In effetti, ‘’il lettore attento dell’Acrotismus -incalza lo studioso- si accorge subito che, in quest’opera, che si rivolge in latino alla comunita’ dei dotti, le teorie bruniane acquistano, forse per la prima volta, il carattere di  vere e proprie sentenze. Pur riproponendo tesi ed argomenti trattati nella ‘Cena de le ceneri’ e nel ‘De la causa’ (talora tradotti alla lettera), la magmatica, a volte confusa, esposizione delle opere italiane vi è sostituita da enunciazioni chiare ed efficaci”. In questo percorso bruniano, ‘’le tormentate argomentazioni dei dialoghi londinesi lasciano il passo, quasi distillandosi, ad affermazioni categoriche, in cui il pensiero è espresso in termini inequivocabili e definitivi”.
Dunque il testo costituisce ‘’una lettura particolarmente interessante per chi si avvicini a Bruno col desiderio di apprendere i capisaldi del suo pensiero, in quanto vi trovera’ codificate le conclusioni piu’ importanti della riflessione ontologica e cosmologica del filosofo”. Non è tutto. Perchè l’opera contiene anche ‘’quello straordinario testo che è il ‘Risvegliatorè, nel quale Bruno difende appassionatamente i due ideali che ispirarono non soltanto la sua ricerca filosofica ma la sua stessa vita: l’affermazione della ‘libertas philosophandi’ e la lotta a quella consuetudine a credere che egli identifica come la principale nemica del progresso delle idee’.
Nel prologo del ‘Candelaio’, l’apostata Bruno si era definito “academico di nulla academia”. Del Giudice ne segue il destino di ricerca; da appassionato ‘bruniano’ (da non confondersi con i ‘brunisti’, ovvero gli accademici che indagano il filosofo), ha saputo costituire nel tempo una vera e propria topologia bruniana che per il momento va dal Monte Cicala, la montagna di Bruno a Nola, a Tolosa. Un preciso itinerario esegetico che è anche una ermeneutica privilegiata per avvicinarsi alla filosofia del Nolano.
La sua introduzione, filosofica e narrativa alla ‘Disputa di Cambrai’, è un invito a capire che c’è ancora un messaggio da cogliere nelle ceneri di quel rogo di Campo dei Fiori. Cosi’ come un ‘Denken’ da far volare alto. Ma mettendosi con pazienza e passione sui passi di quel Filosofo che ai suoi giudici disse: ‘’Forse avete piu’ paura voi nel giudicarmi, che io io nel raccogliere la condanna”. Spostare i propri confini è ancora una volta il segreto per capire la filosofia del pensatore europeo: ‘’Per le talpe – tagliava corto l’orgoglioso Nolano ricusando i ‘pedanti’ che non avrebbero intrapreso il viaggio- queste ragioni avranno lo stesso effetto della luce del giorno. Vi saluto”.

Il Camoeracensis Acrotismus di Giordano Bruno tradotto in italiano a cura di Guido del Giudice.
di Franco Manganelli
Dopo la traduzione delle Due orazioni (Oratio Valedictoria e Oratio Consolatoria) di Giordano Bruno, Guido del Giudice – medico e filosofo napoletano creatore, tra l’altro, del sito internet www.giordanobruno.info – presenta anche la prima traduzione integrale del Camoeracensis Acrotismus seu rationes articulorum physicorum adversus Peripateticos con il quale il Nolano riprende il lavoro da lui svolto sia nella Figuratio Aristotelici Physici auditu che nei commentari ai primi cinque libri della Fisica, al De generatione et corruptione  e al quarto libro dei Meteorologica.
Oltre al grosso merito di aver reso accessibile, anche a tutti coloro che non conoscono il latino, l’opera – incomprensibilmente sottovalutata dalla critica – nella quale Bruno ripropone le tesi – rivedute ed ampliate – discusse a Parigi nel corso di una tumultuosa disputa accademica presso il Collège de Cambrai, Guido del Giudice offre al lettore un saggio introduttivo molto puntuale su detta disputa.
Nel saggio sono inserite diverse considerazioni dell’Autore suffragate dall’osservazione attenta dei fatti nonché dei personaggi che, in un modo o nell’altro, furono protagonisti di quello che del Giudice chiama il «film di questo scontro gladiatorio nella bolgia dell’aula regia del Collège de Cambrai». A tal proposito, col titolo dato al libro – La disputa di Cambrai –, del Giudice ha inteso sottolineare «l’importanza che Bruno attribuiva all’evento che segnò la sua discesa in campo, nella lingua ufficiale dei dotti, contro i Peripatetici».
D’altronde, sono state appunto la dote di osservatore attento e la passione con cui egli procede nelle sue ricerche nel mondo bruniano a consentire a Guido del Giudice di rinvenire un altro autografo del Filosofo nolano che va ad aggiungersi ai rari conosciuti finora. Egli, infatti, esaminando minuziosamente l’esemplare dell’Acrotismus conservato presso la Biblioteca Nazionale di Praga (quello che riporta, sul frontespizio, la dedica di Bruno a Tycho Brahe, e, sull’ultima pagina, il feroce gioco di parole del dedicatario: «Nullano nullo e nulla. Spesso i nomi ben si adattano a chi li porta»), ha intravisto sul retto della prima pagina, deteriorata e consunta dal tempo, uno scritto in gran parte illeggibile che inizia con la parola «Jordanus». Ebbene, quando del Giudice ha sottoposto la pagina ad un’analisi computerizzata ed ha fatto il confronto con altri autografi bruniani, ha potuto constatare una serie di concordanze calligrafiche, tali di indurlo a «ritenere che possa trattarsi di una firma di mano del Nolano, che completerebbe la dedica apposta sul frontespizio». (La firma computerizzata è riportata nella fig. 3 del libro curato da del Giudice).
Un ritrovamento, questo, che merita indubbiamente un plauso.
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La recensione di Franco Manganelli è stata rilanciata dal sito della Meridies di Nola
COMUNICATI STAMPA
UN NUOVO LIBRO SU BRUNO E…UN NUOVO AUTOGRAFO (15/07/2008)
E’ nelle migliori librerie il nuovo lavoro dello studioso bruniano Guido del Giudice dal titolo “La disputa di Cambrai – Camoeracensis Acrotismus”. Un appuntamento da non perdere questo per gli appassionati di Giordano Bruno perchè, oltre a poter leggere questa importante opera bruniana in italiano, essendo scritta in latino, hanno la possibilità di avvicinarsi ad un testo fondamentale per la comprensione del pensiero bruniano, forse non valorizzato come meriterebbe fino ad oggi. Eccezionale è inoltre la scoperta, da parte di Guido del Giudice, di un autografo di Giordano Bruno, sulla copia di tale opera conservata presso la Biblioteca Nazionale di Praga e sfuggita, fino ad oggi, agli occhi degli studiosi.

Giordano Bruno “La disputa di Cambrai. Camoeracensis Acrotismus”
Introduzione e cura di Guido del Giudice- Di Renzo Editore, Roma, 2008
Recensione di Barbara Lattanzi
“… quando il discorso fu terminato, Bruno si alzò incitando chiunque lo volesse a difendere Aristotele e ad attaccare lui. Nessuno aprì bocca ed allora lui si mise a gridare ancora più forte, come se avesse già la vittoria in pugno. Ma in quel mentre si alzò un giovane avvocato di nome Rodolphus Calerius, che in un lungo discorso difese Aristotele contro le calunnie di Bruno, dopo aver premesso che i lecteurs non avevano preso prima la parola stimando Bruno indegno di qualunque replica. Egli invitò quindi Bruno a rispondere e a difendersi, ma questi rimase in silenzio e fece per andarsene … impegnandosi però a tornare il giorno successivo per rispondere all’avvocato …. « Mais Brunus n’y comparut pas, et dés lors n’est plus vue demeurant en cette ville».”
Così scriveva, diversi decenni or sono, la studiosa Frances Yates nel suo celebre saggio Giordano Bruno e la tradizione ermetica (Yates, 1969). Si riferiva alla descrizione fatta da Guillaume Cotin, bibliotecario dell’ abbazia di Saint Victor, di un episodio avvenuto nel corso del secondo soggiorno di Giordano Bruno in terra francese, uno dei tanti casi che vedevano il filosofo contrapporsi alla classe accademica dominante e alla tirannia dei dogmi aristotelici nell’ambito delle scienze umane e naturali.
Ora, a distanza di tanti anni dalla pubblicazione della faziosa saggistica della Yates e dei suoi colleghi del Warburg Institute, possiamo finalmente fare chiarezza su quanto avvenuto in quella occasione, leggere la traduzione dei centoventi articoli contro i peripatetici che Bruno presentò insieme al suo allievo, il filosofo Jean Hennequinn, con il titolo di Camoeracensis Acrotismus, e comprendere le ragioni del comportamento di Bruno – che non può certo essere considerato un vigliacco – di fronte ai suoi avversari filosofici.
Il Camoeracensis Acrotismus rappresenta una sintesi della nascita della nuova filosofia e un’esposizione completa dei punti nodali che caratterizzano il superamento della vecchia, riduttiva concezione dell’universo. Qui il Nolano individua e indaga sistematicamente i limiti della dottrina aristotelica, dogma indiscusso che dominò la filosofia scolastica medievale, per contrapporgli la propria concezione del mondo e dell’universo. Spazio, luogo, tempo, massa, vuoto, materia, enti fisici e metafisici sono oggetto di un’accurata riflessione filosofica. Liberati dalla rigidità dello schema peripatetico, essi acquisiscono vita, esistenza reale e dinamica, caratteristiche che saranno poi rintracciabili in tutte le grandi dottrine scientifiche che hanno contraddistinto la modernità (a questo proposito ricordo il riconoscimento e la gratitudine di Keplero – primo formulatore del concetto di funzione matematica applicata alle orbite ellittiche dei pianeti – nei confronti degli studi del filosofo Nolano), dalla teoria della relatività – il cui fondamento troviamo delineato già negli articoli dell’Acrotismus – a quella quantica fino alla nuova teoria delle stringhe. Rispetto alle monografie che il Bruno pubblicò in italiano e in latino i centoventi articoli costituiscono una disquisizione più accademica, sistematica, precisa e approfondita delle differenze che intercorrono tra la concezione medievale riduttiva e la sua visione che aprirà nuovi orizzonti permettendo ai posteri lo sviluppo della cultura e delle scienze naturali e umanistiche.
Gli articoli sono corredati da un interessante saggio introduttivo di Guido del Giudice, curatore dell’edizione, che illustra i fatti e gli antefatti relativi alla disputa e le ragioni che spinsero il filosofo Nolano ad abbandonare la discussione.
Del Giudice, medico di professione e filosofo per passione, da anni si dedica allo studio e alla diffusione del pensiero di Giordano Bruno. Ha pubblicato per lo stesso editore (di Renzo) La coincidenza degli opposti. Giordano Bruno tra Oriente e Occidente (2005); Bruno, Rabelais e Apollonio di Tiana (2005); Giordano Bruno “Due Orazioni. Oratio Valedictoria e Oratio Consolatoria” Introduzione, traduzione e note (2006) e, per Marotta e Cafiero Editori, Napoli, WWW. Giordano Bruno” (2001).

Sull’etimologia di “Acrotismus”
di Guido del Giudice e Gianmario Ricchezza
Dalla recensione di Filippo Mignini : “Su di una ‘Originale traduzione’ dell Acrotismus di Bruno”, pag. 225 del volume 2008/1, Anno XIV della Rivista “Bruniana & Campanelliana”:
“Da qualche settimana è in libreria: G. Bruno, La disputa di Cambrai. Camoeracensis acrotismus, a cura e con un saggio introduttivo di Guido Del Giudice, Roma, Di Renzo editore, 2008. Il titolo non è privo di ambiguità: poiché è citato sotto Giordano Bruno, sembrerebbe riferirsi a un’opera del Nolano, il quale ha scritto, sì, il Camoeracensis acrotismus (pubblicato a Wittenberg nel 1588, e non, come si legge nella quarta di copertina, nel 1587), ma non La disputa di Cambrai, che del titolo latino non è certo traduzione. Chi apre il libro può costatare tuttavia che La disputa di Cambrai è il titolo dell’introduzione redatta dal curatore, il quale, senza guardare per il sottile e compiere le opportune distinzioni tra sé e Bruno, attribuisce il titolo direttamente a quest’ultimo.”.
Il famigerato articolo di Filippo Mignini su Bruniana & Campanelliana esordisce con un brillante saggio della “dotta ignoranza” del suo autore: “La disputa di Cambrai” non sarebbe, secondo lui, la traduzione del titolo latino. Egli mi accusa, in sostanza, di aver assegnato ad un’opera del Nolano un titolo che mi sarei inventato io. L’illustre professore non ha evidentemente mai letto la monografia di Felice Tocco Le opere latine di Giordano Bruno esposte e commentate con le italiane, la cui conoscenza è fondamentale per ogni interprete bruniano che si rispetti. In essa il grande filologo afferma testualmente: “La parola acrotismus è oscura, e indarno si cerca nello Stefano o nel Ducange. Non so se il Bruno l’abbia ricavata a modo suo dalla stessa parola àkròasis, che serve di titolo alla fisica di Aristotele, intendendovi adunanza, conferenza o che altro simile; ovvero, il che mi sembra meno probabile, dalla parola àkrotes sommità, vetta, per indicare i punti più culminanti, su cui dovea aggirarsi la discussione.” Appare chiaro che, riferendosi all’etimologia suggerita da Tocco la traduzione di acrotismus con disputa è tutt’altro che peregrina, come vuol far credere l’esimio professore. Non è certo più fantasiosa, ad esempio, del titolo incomprensibile di “ Sentinella” dato all’Excubitor, l’orazione introduttiva, laddove eminenti interpreti come il Bartholmess, di cui ho accolto il suggerimento, propendono per “Risvegliatore”, appellativo usato da Bruno in più di un’occasione. Insomma, dove manca il genio, la pedanteria filologica non esclude necessariamente l’ignoranza.

Il termine acrotismus è costruzione linguistica del Bruno. Come altre, nasce dalla necessità di compendiare più di un concetto in un unico vocabolo, suggerendo al lettore, in modo intuitivo, l’intenzionalità dello scrittore ed evitando inutili giri esplicativi.
Le opere di Aristotele a noi pervenute non sono i dialoghi, che scrisse a imitazione di Platone, ma le lezioni dette acroamatiche, cioè destinate agli ascoltatori; (acroaomai in greco significa ascoltare e acroama è ciò che si sente con piacere, anche una discussione, una lettura). Nel contempo, come già rilevato dal Tocco, esiste in greco il termine acrotes che indica il punto più alto, il vertice: dalla fusione di questi concetti nasce la denominazione del Bruno, dal suffisso latino perché l’opera è in latino.
Già Aristotele, aprendo la sua trattazione sull’Anima (testo, come si sa, studiato e insegnato a lungo dal Bruno) aveva usato il termine particolare eidesis ad indicare che la discussione si originava in ambito platonico; analogamente fa il Bruno con acrotismus segnalando l’ambito aristotelico .
Acrotismus indica quindi, nella sua immediatezza, che si tratta di una discussione che si svolge in ambito aristotelico e che si svolge ad alto livello. Quanto poi questa discussione sia stata  combattuta è storia nota.
Da quanto sopra, è evidente che Del Giudice, traducendo acrotismus con disputa, ha operato nel modo più corretto e che le critiche rivolte a questa scelta sono ingiustificate e rivelano scarsa comprensione del Bruno.
Gianmario Ricchezza.

Massimo Cacciari

Guido del Giudice consegna una copia del suo libro a Massimo Cacciari.

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